Che cosa accade alla coppia con l’arrivo di un figlio?

di M. Giusy Rosamondo

Esplora il caotico ma emozionante viaggio della genitorialità attraverso gli occhi di una coppia alle prese con l’arrivo di un bambino. Da una tempesta di cambiamenti a un nuovo equilibrio di coppia, scopri come affrontare sfide emotive e ridefinire l’intimità dopo la nascita. Attraverso consigli pratici e riflessioni profonde, questo articolo offre preziose prospettive sulla crescita della famiglia e sul mantenimento di una connessione duratura.

Per la coppia, è una vera e propria tempesta quando arriva un bambino. E’ un’esperienza dirompente che stravolge tutte le vecchie abitudini. La coppia deve ridefinire il rapporto e rimodulare il tempo e lo spazio da vivere insieme. Come ogni novità, c’è bisogno di tempo affinché ci si abitui.

Non a caso parlo di tempesta perché nonostante tutti i preparativi che ci posso essere stati, i corsi preparto o i consigli di famigliari e amici, ci si sentirà comunque travolti da questo lieto evento. 

La neomamma e il neopapà si sentono di colpo investiti dalla responsabilità di badare ad un esserino che dipende in tutto e per tutto da loro e quindi la coppia viene messa per un po’ in secondo piano. C’è un’emergenza molto grossa da fronteggiare, quindi il resto deve aspettare.

Spesso il marito si sente trascurato perché la donna è inevitabilmente investita dal ruolo di mamma, più che di moglie. Come si può equilibrare i sentimenti in modo corretto? E quanto secondo lei dovrebbe durare questo attaccamento spesso morboso della mamma nei confronti del figlio?

E’ indubbio che la mamma sia coinvolta in maniera più totalizzante dal primo momento di vita del bambino. Questo perché la mamma ha iniziato a costruire questo rapporto nei mesi precedenti, quando il figlio era nell’utero. Il papà invece inizia a conoscere il figlio dal momento della nascita. E anche allora non riesce a stabilire un vero contatto, dato che il rapporto madre-figlio rimane esclusivo per i mesi a seguire. L’allattamento intensifica questo rapporto e in un certo senso esclude un po’ il papà, se non altro per la logistica, dato che non può essere l’agente di cure, non avendo il latte. 

Il papà riesce a instaurare un vero rapporto solo con lo svezzamento, il primo passo verso un’autonomia che si andrà costruendo pian piano nel tempo.

Potrebbe sembrare un attaccamento morboso, ma nei primi mesi di vita, questo attaccamento fusionale tra madre e bambino, è fisiologico e serve per una crescita sana e serena, in cui il padre è messo un po’ da parte. 

In realtà spesso gioca un meccanismo di doppia gelosia, sia nei confronti della partner che del figlio. Insomma il papà si sente estromesso da tutto.

Compito della mamma naturalmente è coinvolgere il papà dapprincipio: farlo sentire partecipe, delegare quello che si può ed esprimere ciò che si prova. Per esempio, un errore è escludere il papà dal cambio del pannolino o dal bagnetto. Il bambino entra in contatto con chi si prende cura di lui, quindi il papà deve partecipare a queste routine che pian piano lo introducono ad un rapporto con il figlio. Il papà, così facendo, esercita la sua paternità, e non come si credeva un tempo che “aiuta la mamma”.  La mamma vedrà così nel marito un alleato e non si sentirà sola a gestire questa grossa responsabilità, facendo evolvere anche il rapporto di coppia ad un livello più alto.

La stanchezza prende il sopravvento, coccole e abbracci vengono sostituiti con la corsa per andare a riposarsi. Esiste una ricetta per “sopravvivere” come coppia?

Naturalmente più la coppia è solida, più riuscirà a ristabilire un equilibrio. Il problema spesso è quando il bambino viene triangolato nei problemi di coppia e viene usato come pretesto per allontanarsi. Ci sono mamme che sostituiscono il proprio uomo col figlio, in un rapporto esclusivo in cui non c’è spazio per il papà. Questo perché l’iniziale rapporto fusionale che fisiologicamente dovrebbe evolvere, rimane bloccato, naturalmente creando un danno nella coppia, ma anche e soprattutto al bambino. Ma questo dipende molto dal rapporto che si ha prima del lieto evento. E’ indubbio, comunque, che ci sono grossi cambiamenti e bisogna essere pronti a seguirli.

E’ pur vero che i ritmi cambiano molto, a partire dal ciclo sonno-veglia, per cui ogni volta che il piccolo si placa, può essere il momento giusto per riposarsi. La stanchezza è talmente tanta che predomina sull’intimità di coppia. 

Non ci sono ricette per sopravvivere a questa fase, ma sicuramente qualche consiglio si può dare. Per primo avere molta pazienza, cercando di contestualizzare il periodo e non generalizzare ciò che avviene. E’ il periodo iniziale di assestamento e bisogna capire come trovare il modo di ricostruire uno spazio che è stato invaso. Sicuramente non bisogna aspettarsi che tutto ritorni come prima, ma creare qualcosa di nuovo nella coppia, che la porti avanti perché tornare indietro è utopistico.

Infine, quanto il sesso è importante perché si mantengano gli equilibri?

Il sesso è sempre molto importante nella coppia, come momento di intimità a tutto tondo. Naturalmente dopo la nascita di un figlio ci sono tempi tecnici affinché questa intimità possa essere ripristinata. Spesso la mamma stenta a ritrovarsi nel ruolo di partner sessuale, troppo coinvolta nel ruolo di mamma. Sicuramente non bisogna avere fretta, ma riprendere un dialogo con il proprio partner, ricominciare a sentirsi di nuovo donna, staccandosi un po’ dal piccolino e riprendendo vecchie abitudini o trovandone di nuove.

Ribellione adolescenziale

di M. Giusy Rosamondo

Una scenetta alquanto usuale è vedere madre e figlia che litigano sull’abbigliamento da indossare: magari la minigonna molto corta, il pantalone strappato in punti impropri, e il genitore cerca di richiamarla al decoro.

L’abbigliamento, ma anche l’orario di rientro, non voler seguire le regole, insomma tutto può essere un pretesto per accendere un’aperta ribellione verso i genitori. 

Siamo naturalmente nell’adolescenza, quel periodo che tanto spaventa mamma e papà, che si sentono deprivati dei loro dolci bambini e al loro posto ci trovano ragazzini musoni, irrispettosi e dediti al NO.

I genitori sono spaventati da questa ribellione e chiusura, proprio perché non riconoscono più i loro figli. Ma questi ragazzi sono alla ricerca della propria identità di adulti, si sentono forti nel gruppo dei pari e devono rompere necessariamente schemi e modelli precostituiti, per capire chi sono. 

Se seguissero pedissequamente il modello dei genitori sarebbero dei cloni privi di una propria identità. Quindi la ribellione adolescenziale diventa un processo fisiologico e, in quanto tale, non deve spaventare.

Le parole chiave sono ASCOLTO, DIALOGO, NEGOZIAZIONE. 

Gli adolescenti vivono le emozioni con una forte intensità. E’ per questo che fin da piccoli si deve insegnare loro ad utilizzare il linguaggio emozionale e soprattutto codificare le emozioni, anche quelle brutte, per non sentirsene sopraffatti.

Il muro contro muro non serve, ci si deve abituare ad ascoltare le loro esigenze e non essere rigidi. Il NO secco allontana, la negoziazione apre uno spiraglio di dialogo.

E’ importantissimo poi spiegare le regole e non imporle. Inoltre, non mettersi mai a livello dei figli, e mantenere sempre una lucidità anche quando i ragazzi sono in preda alle emozioni. Il genitore amico non funziona, ma funziona il genitore aperto ad ascoltare e dialogare.

Roma, 30 marzo 2017